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Progetto Prof. Vercelli

Interazione tra le istone deacetilasi, le proteine SMN e i microRNA nel topo SMAII

aggiornamento dicembre 2013
Il lavoro intitolato “Selective vulnerability of spinal and cortical motor neuron subpopulations in delta7 SMA mice“ (“Vulnerabilità selettiva di sottopopolazioni di motoneuroni spinali e corticali in topi SMA delta7”), frutto della collaborazione tra i gruppi torinese e milanese rispettivamente guidati dal Prof. Vercelli e dal Dott. Battaglia, è stato recentemente pubblicato sulla rivista PlosOne. Lo scopo della ricerca è stato quello di definire con precisione quali e quante sottopopolazioni di neuroni siano selettivamente colpite dalla perdita di SMN, la proteina deficitaria in caso di SMA, in modo da poter sviluppare strategie terapeutiche sempre più mirate. Utilizzando un modello di SMA intermedia nel topo, è stata osservata una perdita progressiva dei motoneuroni spinali: nessun deficit/riduzione di tali neuroni è stato riscontrato in fase embrionale, ma solo dopo la nascita (e già in fase presintomatica). Inoltre i motoneuroni che innervano i muscoli prossimali (quelli cioè più vicini al tronco come deltoide e bicipite) risultano essere più colpiti rispetto ai distali (avambraccio). Sorprendentemente è stata anche evidenziata una riduzione selettiva dei neuroni piramidali giganti del V strato della corteccia motoria: fisiologicamente è da questi neuroni che parte il segnale per eseguire il movimento, trasmesso poi ai motoneuroni spinali che contattano i muscoli da fare contrarre. Dunque l’intera via motoria sembrerebbe subire alterazioni a causa della mancanza di SMN. Infine è risultata evidente una spiccata neuroinfiammazione in prossimità sia dei motoneuroni spinali che corticali, suggerendo come anche tale fenomeno dovrebbe essere considerato un potenziale target terapeutico nella SMA. Complessivamente tali dati indicano dunque che la riduzione dei livelli di SMN colpisce selettivamente specifiche sottopopolazioni di motoneuroni. Abbiamo così incrementato ulteriormente le attuali conoscenze relative alle caratteristiche neuropatologiche della SMA. Nell’ottica di sviluppare nuovi approcci terapeutici, tali osservazioni risultano quindi preziose: infatti comprendere correttamente la natura e la progressione delle manifestazioni anatomopatologiche della malattia può dare utili indicazioni sulla tempistica degli interventi terapeutici per prevenire il loro verificarsi.

http://www.plosone.org/article/info%3Adoi%2F10.1371%2Fjournal.pone.0082654

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Premessa

Il gruppo del prof. Vercelli lavora su un modello murino di SMAII da anni, e ne ha studiato l’evoluzione a livello istologico e comportamentale. Ha inoltre studiato i meccanismi di morte neuronale nel midollo spinale e nelle cellule corticospinali nel topo SMAII (articolo in preparazione).

INTRODUZIONE

L’atrofia muscolare spinale (SMA) è un disordine neuromuscolare ereditario, ed è tra le più comuni malattie autosomiche recessive con un’incidenza di 1/6000-1/10000 individui (Pearn, 1978). Sebbene sia rara, la SMA è la malattia neuromuscolare più comune nell’infanzia, e la terza nei ragazzi sotto i 18 anni. Una persona su 50 porta il gene autosomico recessivo. La malattia presenta dei sintomi estremamente variabili, e viene classificata come forma severa, intermedia, lieve o adulta in base all’età di insorgenza e alla gravità dei sintomi (Hausmanowa-Petrusewicz and Zaremba, 2000). Questi sono: ipotonia, debolezza e atrofia dei muscoli, tremore alle dita o alle mani, fascicolazione dei muscoli della lingua e contrattura di gruppi muscolari. Il diaframma e i muscoli extra-oculari sono affetti solo negli ultimi stadi della malattia, mentre i neuroni sensoriali rimangono pressoché inalterati. I sintomi sono dovuti alla degenerazione selettiva dei motoneuroni del midollo spinale e del midollo allungato, che genera debolezza muscolare, atrofia e paralisi (Greenfield and Stern, 1927; Hausmanowa-Petrusewicz and Vroba, 2005). L’atrofia muscolare spinale (SMA) è quindi una seria malattia neurologica dei neonati e dei bambini. Il quadro clinico si estende dalla forma più grave (SMA I) alla forma lieve (SMA III), in cui i pazienti hanno una vita di relazione preservata e una normale aspettativa di vita. Il difetto genetico causa di tale patologia è stato localizzato sul cromosoma 5, nella regione codificante un gene chiamato gene per la sopravvivenza dei motoneuroni (survival motor neuron, SMN) (Lefebvre et al., 1995; Nicole et al., 2002). Gli esseri umani posseggono due copie di questo gene, l’SMN1 localizzato nella regione telomerica del cromosoma 5, e l’SMN2 situato in quella centromerica. Questi due geni si differenziano tra di loro per 5 nucleotidi, che non alterano la sequenza aminoacidica della proteina SMN, ma che rendono il trascritto primario dell’isoforma 2 suscettibile di uno splicing alternativo che dà origine a una proteina priva di 16 aminoacidi all’estremità C-terminale, che presumibilmente viene rapidamente degradata. Pertanto, la proteina completa è maggiormente prodotta dal gene SMN1, sebbene il gene SMN2 dia luogo a una piccola percentuale di proteina funzionante. Infatti, nei pazienti affetti da atrofia muscolare spinale, dove il gene SMN1 manca o è mutato, è proprio il numero di copie della proteina SMN2 che determina la gravità della malattia (Nicole et al., 2002). La proteina SMN è espressa in molti tessuti, dove fa parte di un complesso macromolecolare che regola l’assembramento di una specifica classe di complessi RNA-proteina, i quali sono componenti fondamentali dello splisosoma e catalizzano lo splicing degli RNA messaggeri immaturi (Fischer et al., 1997; Terns and Terns, 2001). La proteina SMN è presente sia nel citoplasma che nel nucleo, dove è concentrata in strutture denominate “gems” (Young et al., 2001) localizzate in prossimità dei corpi di Cajal, che a loro volta contengono elevate concentrazioni di proteine coinvolte nella trascrizione e nel processamento degli RNA nucleari (Liu et al., 1997). La proteina SMN si trova anche negli assoni dei neuroni (Zhang et al., 2003; Zhang et al., 2006), nel cono di crescita dei motoneuroni (Rossoll et al., 2003) e probabilmente anche a livello dell’apparato post-sinaptico delle giunzioni muscolari nei muscoli (Broccolini et al., 1999). La sua espressione è particolarmente elevata durante il periodo di sviluppo dell’embrione e diminuisce nel periodo post-natale (Monani et al., 2000). Pertanto, la funzione della proteina SMN è sicuramente legata al controllo della sintesi proteica in molti tessuti, ma la sua carenza provoca la morte selettiva dei motoneuroni del midollo spinale e del midollo allungato mediante meccanismi ancora sconosciuti.

Riguardo alla patogenesi della patologia ci sono due ipotesi parzialmente contrastanti:

la SMA è una diretta conseguenza di un difetto nella biogenesi di piccole ribonucleoproteine nucleari (snRNP) e delle alterazioni nello splicing dell’mRNA dovute a mutazioni in SMN1;
la SMA è una diretta conseguenza di una funzione motoneurone-specifica della proteina SMN.
Questa seconda ipotesi in realtà può essere considerata come un completamento della prima: infatti si sono trovati granuli contenenti SMN negli assoni dei motoneuroni, granuli contenenti ribonucleoproteine. Secondo alcuni queste proteine avrebbero una funzione nella regolazione della traduzione nei neuriti dei motoneuroni, similmente a quanto avviene per la proteina FMRP nella sindrome dell’X Fragile con ritardo mentale. Dal punto di vista clinico, la gravità dell’atrofia muscolare spinale si correla inversamente al numero di copie del gene SMN2 (Nicole et al., 2002), infatti alcune strategie terapeutiche mirano all’induzione dell’espressione del gene SMN2, alla modulazione dello splicing del trascritto primario, alla stabilizzazione della proteina e alla neuroprotezione dei motoneuroni deficitari (Sumner et al., 2006 ). Una classe di farmaci, valutata in modelli cellulari, nei topi e in un primo trial di pazienti è rappresentata dagli inibitori delle istone deacetilasi. Queste proteine possono modificare la struttura dei nucleosomi, le unità di base della cromatina . Gli istoni, infatti, sono piccole proteine basiche attorno alle quali si avvolge il DNA, le cui estremità fuoriescono dal nucleosoma stesso. L’acetilazione dei residui di lisina che si trovano sulle terminazioni degli istoni porta a un cambiamento conformazionale tale da rilassare la conformazione della cromatina rendendola più accessibile e quindi trascrizionalmente attiva (Minucci et al., 2006). E’ stato dimostrato che gli inibitori delle istone deacetilasi attivano il promotore del gene SMN2 modificando direttamente il grado di acetilazione degli istoni localizzati in prossimità del promotore (Kernochan et al., 2005). Recentemente, è stato analizzato l’uso dell’acido idroxamico suberoianilidico (SAHA) in modelli murini di SMA severa (Riessland et al., 2010). Il trattamento ha significativamente migliorato le abilità motorie, ha ridotto la degenerazione dei motoneuroni del midollo spinale, ha aumentato le dimensioni delle giunzioni neuromuscolari e la sopravvivienza dei topi malati rispetto a topi trattati con il veicolo. Esistono diversi modelli di SMA nel topo: sono stati prodotti topi 1) con un solo gene SMN, con fenotipo letale nell’embrione quando deleto in omozigosi, 2) con una mutazione in tutti i neuroni che esprimono una Cre ricombinasi sotto il promotore per la enolasi neurono-specifica e anche nel muscolo. Il secondo tipo di topi generati sembra particolarmente interessante, in quanto sembra che anche la forma muscolare svolga un ruolo nella prevenzione della patologia, rendendo così anche il muscolo un possibile bersaglio per la terapia.

SCOPO DEL LAVORO

Lo scopo del nostro lavoro sarà quello di analizzare i meccanismi molecolari attivati dagli inibitori delle istone deacetilasi (HDAC) che risultano in grado di rallentare il decorso della patologia almeno in modelli murini e pertanto sembrano essere una buona scelta come farmaci per futuri trails clinici. A tale fine, abbiamo scelto di valutare inizialmente l’espressione del micro RNA-206 (miRNA-206). Recentemente, infatti è stata individuata una correlazione diretta tra l’istone deacetilasi 4 (HDCA4) e il miRNA-206 in un modello murino di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) (Williams et al., 2009), una patologia molto diversa dalla SMA, ma che analogamente colpisce in maniera selettiva i motoneuroni. Il miRNA-206 appartiene alla classe di micro RNA (miRNA), una classe di piccole molecole di RNA non codificanti coinvolte nel controllo dell’espressione genica tramite silenziamento post-trascrizionale (Carthew, 2006). Infatti, i miRNA si legano alla regione 3’UTR degli mRNA bersaglio inibendo l’inizio della traduzione o inducendo la degradazione del messaggero stesso (Jackson and Standart, 2007). Un discreto numero di miRNA muscolo-specifici, tra cui il miRNA-206, è coinvolto nella cardioneogenesi, nella differenziazione miogenica e nella crescita (Zhao et al., 2006; Chen et al., 2006; Kim et al., 2006). Recentemente, è stato dimostrato che l’assenza del miRNA-206 in topi affetti da SLA accelera la progressione della malattia, lasciando ipotizzare che il miRNA-206 svolga un ruolo fondamentale per il corretto signaling tra il motoneurone e la fibra muscolare a livello della sinapsi neuromuscolare. E’ stato dimostrato, infatti, che l’espressione del miRNA-206 influenza profondamente la formazione di nuove giunzioni neuromuscolari in seguito a denervazione chirurgica e sicuramente la sua azione è mediata, almeno in parte, inibendo o contrastando l’attività dell’HDACA4 (Williams et al., 2009).

MATERIALI E METODI
Utilizzeremo un modello in vivo di topi affetti da SMA di tipo intermedio (SMAII). In tali topi è stato mutato il gene smn1, e sono state inserite tre copie del gene umano SMN2 in modo da consentire la sopravvivenza dell’animale fino al quattordicesimo giorno post-natale. Per la loro produzione vengono accoppiati topi eterozigoti smn1+/-, SMN2 che danno origine a progenie dal genotipo: (1) smn1+/+, SMN2 (wild-type); (2) smn1+/-, SMN2 (eterozigote); (3) smn1-/-, SMN2 (knock-out). La genotipizzazione viene effettuata il secondo giorno post-natale su DNA estratto da coda. Verrà effettuata una reazione di amplificazione (PCR) con oligonucleotidi specifici e a seconda dei prodotti ottenuti sarà possibile distinguere il genotipo dei topi appena nati. Infatti, il DNA di topi knock-out dà origine a un unico prodotto di reazione piuttosto corto, quello estratto dai topi wild-type a uno più lungo rispetto ai knock-out, mentre nel caso degli eterozigoti saranno presenti entrambi. In seguito, abbiamo intenzione di valutare se l’espressione del miRNA-206 nei muscoli di topi knock-out è maggiore rispetto a quella che si osserva in topi wild-type mediante RT-PCR utilizzando degli oligonucleotidi in grado di amplificare selettivamente il precursore del miRNA-206, il pri-miRNA. Il miRNA-206 infatti, viene generato come un ampio precursore non strutturato policistronico codificante anche il miR-133b (pri-miRNA). Quest’ultimo viene processato nel nucleo per dar luogo a un miRNA intermedio di 65 nucleotidi (pre-miRNA) con una struttura secondaria a forma di arpione, che a sua volta viene processato nel citoplasma per dar origine al miRNA maturo in grado di silenziare l’espressione dei geni bersaglio. Pertanto, verrà estratto l’RNA totale da muscoli di topi knock-out e topi wild-type e verificatane l’integrità, l’RNA verrà retrotrascritto (RT) in DNA complementare (cDNA) a singolo filamento. La reazione di PCR verrà condotta con oligonucleotidi specifici e l’intensità dei prodotti ottenuti verrà visualizzata e quantizzata mediante corsa elettroforetica su gel di agarosio arricchito con bromuro di etidio. In base al risultato ottenuto, valuteremo l’espressione dell’HDAC4 per verificare l’esistenza di una correlazione tra il livello di espressione del miRNA206 e quello dell’istone deacetilasi mediante real time RT-PCR. A tal fine quindi, l’RNA estratto e retrotrascritto verrà amplificato mediante real time PCR. Questa tecnica prevede l’uso di un reporter fluorescente, il SYBR green che è in grado di intercalarsi al DNA a doppio filamento ed emettere fluorescenza. In questo modo è possibile seguire la reazione in tempo reale ed avere una sensibilità di rivelazione molto più elevata rispetto alla metodica classica (10-9). Come gene di riferimento per normalizzare i risultati ottenuti verrà utilizzato il messaggero della proteina ribosomiale L26 (Rpl26). Verificate le ipotesi precedenti, sarà possibile testare gli inibitori delle istone deacetilasi già utilizzati come terapia per il trattamento della SLA sui nostri topi. L’eventuale miglioramento del fenotipo verrà valutato misurando parametri quali il peso e tramite test comportamentali opportuni da eseguire a partire dal secondo giorno post-natale. Il peso verrà misurato ogni giorno per delineare la curva di crescita dell’animale. I test comportamentali che eseguiremo saranno condotti per valutare le abilità motorie degli arti inferiori dei topi in termini di agilità, forza e coordinazione (El-Khodor et al., 2008). In particolare, i topi verranno sottoposti al: – Tail Suspension test: i topi vengono sollevati per la coda per quindici secondi e viene assegnato un punteggio in base al grado di apertura degli arti inferiori. A topi wild-type con arti ben divaricati verrà assegnato uno score pari a 4; se presentano arti non completamente divaricati, che si uniscono spesso o che sono sempre chiusi viene assegnato uno score via via più basso, fino ad arrivare al livello zero in presenza di anormalità posturali delle estremità. In genere i topi knock-out presentano arti deboli e particolarmente chiusi rispetto ai topi wild-type già dai primi giorni di vita, caratteristica che si evidenzia man mano che crescono. – Righting Reflex test: valuta l’agilità motoria dei topi. Questi infatti, vengono posizionati sulla schiena con la pancia verso l’alto, e viene misurato il tempo che impiegano a rigirarsi appoggiando le quattro zampe al suolo. – Hind Limb Suspension test: un test non invasivo specifico per i neonati che permette di valutare la forza muscolare degli arti inferiori. I topi vengono posizionati in una falcon da 50 ml riempita per metà con ovatta, e vengono poggiati a testa in giù con le zampe inferiori sul bordo della falcon. Si misura il tempo di permanenza in quella posizione fin quando non cadono sull’ovatta, i tentativi che gli animali fanno per scappare dal tubo sollevandosi sugli arti anteriori, e l’apertura delle zampe posteriori in quest’arco di tempo. – Negative Geotaxis test: valuta la coordinazione motoria e la sensibilità vestibolare di topi dal quarto giorno di età in poi. I topi vengono posizionati su un piano ruvido inclinato di circa 35 gradi, con la testa verso la parte bassa del piano e viene valutata la loro capacità di girare su se stessi e arrampicarsi verso l’alto sul piano inclinato.

OBIETTIVO FINALE

Una delle attuali strategie terapeutiche è rivolta ad agire sul gene SMN2, con degli inibitori della istone deacetilasi: uno (fenilbutirrato) è già in fase di sperimentazione clinica. Altri sono in fase di studio sull’animale. Lo scopo è quello di ottenere una maggiore produzione della proteina SMN. La nostra idea è che, con gli inibitori della istone deacetilasi si possa interagire su altri meccanismi che provocano la morte dei motoneuroni, e quindi vogliamo studiarne gli effetti a diversi livelli.

Questo progetto è finanziato dall’associazione con due Borse di studio per la Dott.ssa Marina Boido e la dott.ssa Valeria Valsecchi